Quando, non ancora ventenne, rimisi piede al paesello natio, da cui ero partito conclusa la II elementare, nulla mi faceva presagire il mutamento che stava per scombussolare la mia vita. “Ho vissuto la mia infanzia nell’800”, ero solito dire negli amarcord fra amici, quando capitava di rivangare la gioventù. Bene, mi trovai a riviverlo, l’800, ai miei vent’anni.
Questa storia, infatti, questa “fiaba”, che ho avuto la fortuna, e il piacere, di vivere con lei, ha avuto tutte le caratteristiche del romanticismo classico ottocentesco: l’amore, l’ostilità, la lontananza, le peripezie per incontrarci, le sofferenze, le lacrime e il lieto fine. Il tutto in pieno 20° secolo.
Lei ed io, giovani, e forse incoscienti, vivemmo tutto questo fra Roma e il paesino d’Abruzzo, Capistrello, che vide i miei natali e quelli di lei. Bella e solare lei, studente povero io, affrontammo la parabola della vita con lo slancio dei vent’anni, per arrivare alla maturità del crepuscolo. Una parabola sempre impregnata e permeata d’amore.
Una storia bella, riportata in queste poche pagine, che voglio raccontare con la presunzione che possa piacere anche a voi.
Livio Bianchi
